giovedì 16 maggio 2013

Infantilismo

      Ho sempre dimenticato, nei quasi 500 post da me scritti da dicembre a oggi, di citare il tema dell'infantilismo. Eh già, perché dovete sapere che, quando a qualche signora comincio a risultare un po' pesante (pesante, non pensante, tengo a precisare: o le due cose sono sovrapponibili...?), allora l'accusa parte in automatico.
      Lo so, lo sento da una vita, sono invecchiato sentendomi accusare di infantilismo, per cui il tutto è come un fantastico dèjà vu. La prima volta che sento citare questa specifica parola, capisco che è ora di prepararmi a fare le valigie, non importa se io sia amante, amico, partner di lavoro o signor nessuno.
      Devo dire che quella che coloro che me la rivolgono percepiscono come critica, anzi come accusa neppure troppo larvata, per me è una specie di "medaglia al valore". In effetti, siccome in questo Paese una persona è giudicata "matura" se è falsa, mentitrice, utilitarista, apparentemente socievole e disponibile ma in realtà chiusa, gretta e arrogante, io sono lietissimo di essere considerato "infantile", anche perché nessuno mi ha mai specificato in che cosa tale "infantilismo" consista.
      Dai 14 ai 40 anni circa sono stato tacciato di infantilismo perché avevo una ricchissima collezione di soldatini, mi occupavo di wargames, amavo le uniformi. Più infantile di così: "Piero gioca ancora con i soldatini!!". Questa affermazione risuonava nelle mie orecchie ogni due-tre giorni. E io ho continuato a occuparmi del mio hobby fino a che ne ho avuto tempo e voglia, fregandomene bellamente dei giudizi altrui.
       Dai 20 anni in su le donne hanno cominciato a dirmi che mi nutrivo di passioni "infantili", nel senso che la passione nei loro confronti era "infantile". Pagavo pranzi e cene, le spaparanzavo in gite e weekend, non chiedevo mai nulla in cambio, dunque ero "infantile". Come dire: forse se avessi chiesto un "pagamento in natura", sarei stato più maturo...?
       Quando poi, a partire dai 38 anni, sono entrato a collaborare stabilmente con la Difesa, per quasi un ventennio sono stato quello che, oltre a giocare ai soldatini a casa, ci giocava anche sul lavoro...!
        Una cosa del genere, a gioco lungo, è sconcertante: ti chiedi se hai a che fare con degli esseri umani o dei decerebrati... La mia linea di difesa, a quel punto, è diventata non profferire alcuna parola relativamente a quanto facevo o mi interessava, limitandomi a dire che mi occupavo di "questioni internazionali". Espressione che non vuol dire niente, ma molta gente è proprio quello che vuole, che non si dica niente, che le parole siano flatus vocis o esibizione di alitosi.
       Così, ho cominciato a parlare dei miei interessi e delle mie passioni solo alle persone che suscitavano la mia reale attenzione e ho capito che, nella fase ascendente del nostro rapporto, potevo anche essere colui che aveva vissuto dentro gli arcana imperii e aveva cose singolari da raccontare su certe strane storie italiane vissute dall'interno, invece che dall'esterno. Poi anche quello veniva a noia - agli annoiati per censo, del resto, tutto viene rapidamente a noia - e allora cominciava la fase di stabilizzazione, cui seguiva quella calante, quando era evidente che occuparsi di certe cose non era più un privilegio, per quanto dubbio, ma un evidente segno di "infantilismo", del fatto che lo scrivente non era mai cresciuto.
        A quel punto, comincia a coglierti la disperazione. Ricordo come mi colse, un tardo pomeriggio di giugno, viaggiando verso una amena località della Riviera. Non è mai troppo divertente, del resto, accorgersi che si sta diventando un "saldo di fine stagione". Ed è orrendo pensare che a te, al tuo brillante cervello, alla tua esasperata sensibilità, vengano mandati messaggi così miserevoli, quasi che - come un omuncolo qualsiasi, come un bancario o un banchiere - tu non fossi in grado di percepire clima, atmosfere, indizi di prossima liquidazione, quasi che non fosse possibile dirti: "aria!", quasi che fosse necessario trattarti come un decerebrato.
        Oggi continuo a non sentirmi infantile, ma, nel caso in cui lo fossi, penso sempre che è meglio essere infantile che vile. A me il coraggio non manca; ad altri non so. Rimarrò "infantile", con la mia "poetica del fanciullino", quella che fa sorridere di compatimento tante donne. Sorry, non ho bisogno di fare uso del "fascino del portafogli", io, e il fascino del decerebrato, per quanto ci provi, non riesco proprio ad esibirlo. Ahimé, sono purtroppo un uomo orrendo, in tutti i sensi.
 
                                              Piero Visani
 

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