Come sarebbe bello potersi scindere da se stesso, essere un altro, essere considerato un altro! Per quanto possibile, cerco sempre di guardarmi dall'esterno. Compio questo sforzo per spirito di reciprocità, nella speranza che qualcuno mi guardi all'interno. La vita mi ha insegnato che è speranza vana e quindi mi rifugio in piccole strategie di sopravvivenza: un diario, personalissimo; un blog, per raccontarmi un po'; molti scritti, di lavoro e no, dove andare a nascondere la mia anima e i miei dolori.
Non vivo più da tanto tempo. Vegeto. Sono "un cadavere in buona salute". Non ho speranze di alcun genere, se non quella di fare il mio dovere. Non credo più a niente, anche se ovviamente devo fare finta di credere. Mi trovo persino - più spesso di quanto si possa credere - a dover rincuorare gli altri. Lo faccio volentieri e mi pare anche di risultare persuasivo, a giudicare dai risultati. Ma sorrido amaro pensando che, se costoro sapessero come mi sento io, forse si sentirebbero ancora più rincuorati...
Dialogo incessantemente con me stesso e, quando capita, con qualche brava persona che, avendo compreso il mio dramma, mi tende amichevolmente una mano.
Per il resto è un deserto assoluto. Il solito deserto in cui affrontare la solita battaglia testimoniale. Da troppo tempo ho imparato a mie spese che essere un soggetto perturbante - non perturbatore, perturbante - è il modo migliore per rovinarsi con le proprie mani.
Mi salva parzialmente l'orgoglio, che mi impone di resistere e di essere me stesso, ma è più che altro un automatismo, un imperativo etico.
Un'amica mi scrive che, a suo modo di vedere, sono troppo duro con me stesso. La ringrazio per il giudizio benevolente, ma non è così. E' grande capacità di analisi, la mia; un po' superiore alla media. Ci potranno anche essere colpe altrui, ma una buona parte di responsabilità è mia: dovrei essere più "moderno", più "socievole", più mondano. A me pare di esserlo e di essere impegnato continuamente nella costruzione di ponti, ma vedo che è una constatazione non condivisa. Forse mi prenderò una pausa anche nello scrivere questo blog, perché in questo momento non riesco nemmeno a comprendere per quale ragione ancora lo scriva. Forse sarebbe meglio che smettessi e che sparissi. Vedrò il da farsi. A chi può interessare, del resto, sapere che esisto? Non so nemmeno se interessi a me e, in verità, io non esisto, non sono, non sono altro che un simulacro di me. Devo prenderne atto in via definitiva, invece che cercare ancora di ribellarmi al mio destino. Maledetto prometeismo!
Piero Visani
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