mercoledì 1 maggio 2013

Contiguità con le emozioni

       Siccome ho una psicologa eccezionalmente valente, seguo alla lettera i di lei consigli. Ho imparato ad apprezzarla per gradi, dopo numerose controversie, alcune delle quali anche gravi.
       All'inizio, pensavo che avesse assunto nei miei riguardi un atteggiamento prevenuto e addirittura parafemminista, ma solo con il tempo mi sono reso conto che il suo obiettivo era, fin dai nostri primi incontri, di creare un dialogo che fosse al tempo stesso fiduciario e non banale. Visto che le avevo chiesto aiuto, voleva capire perché, discernere quanto di realmente attendibile ci fosse nelle mie parole, individuare la reale natura del mio Ego.
        In quella fase ci sono state alcune incomprensioni, frutto anche del fatto che sono solito interpretare la realtà come una classica contrapposizione amico/nemico, e dunque rimanere spesso sulla difensiva.
        Ci è voluto parecchio dialogo, prima che uscissi dalla difensiva, con lei, ma ho deciso di farlo nel momento in cui l'ho sentita amica. A quel punto, tutto è stato più facile. Reduce da qualche bastonata di troppo, ho avuto bisogno di sentirla amica, prima di abbassare le mie difese e raccontarmi in toto.
        A quel punto, dopo parecchie critiche che mi aveva rivolto, la mia psicologa ha riconosciuto una cosa importante, che già sapevo, ma che certamente non ero stato in grado di definire scientificamente e di discernere psicologicamente: sono un uomo che vive a stretto contatto con le proprie emozioni, che non le maschera e non ha paura di mascherarle, che dialoga continuamente con sé e tra sé e sé, e che non ha timore di manifestare debolezze, insicurezze paure.
        La mia psicologa lo ha ritenuto un fatto di estrema importanza, sul quale cominciare a capitalizzare per un lavoro che dovremo svolgere in profondità in futuro, ma che mi accingo a sviluppare senza riserve o timori. Ho compreso la grande professionalità e l'elevato livello di conoscenze di questa dottoressa plurilaureata, che ha saputo riciclarsi e passare, in apparenza con assoluta naturalezza, da una vita precedente, fatta di splendore e di glamour, a una vita di introspezione e di scienza.
      Sono ammirato da questa straordinaria capacità di cambiamento e ovviamente questa sua capacità influenza positivamente anche me, che vorrei imitarla, diventando un suo perfetto discepolo.
      Una delle tesi principali della mia psicologa è che i soggetti non superficiali, cioè quelli che vivono maggiormente a contatto con le proprie emozioni, sanno ammetterle, sanno riconoscerle e non hanno timore a gestirle, sono coloro che hanno maggiori possibilità di sottrarsi a condizioni psicologiche difficili. Costoro, infatti, hanno il coraggio e la forza di analizzarsi a fondo, e dunque possono cercare di rimuovere quanto li angustia.
       Ho cominciato a fare da tempo questo lavoro, intervenendo su me stesso. Giorni fa, vedendo alcune cose che stavano accadendo fuori di me, ho pensato che fosse giunto il momento di smettere di gestire le mie emozioni in forma negativa e di passare a farlo in forma positiva. Per nessun altro motivo che per un cambio di strategia. Non rinnego la negatività. Per parecchio tempo ne ho sentito il bisogno, fino a che il mio animo si è placato, fino a che ho completato la mia "elaborazione del lutto". Ora sono oltre, provo nuove emozioni e cerco di essere contiguo a quelle, a quanto queste mi suggeriscono. Si dirà che sono volubile come una bandierina al vento, ma non è così. Si è sviluppata una dinamica azione > reazione e, quando la reazione mi è parsa adeguata e conforme all'azione, ho ritenuto inutile continuare a insistere nella strada vecchia. Cerco percorsi nuovi e sono passato io all'azione, in forma propositiva. Ho scelto una linea di apertura, perché nessuno mi potrà mai comprimere a forza dentro un quadro di negatività. Di mia natura, non sono per nulla negativo. Se nella negatività mi fanno precipitare, ci rimango fino a quando lo ritengo opportuno. Ora non mi ci riconosco più, e ho deciso di cambiare.
      Come sempre, mi riconosco nella krisis, intesa come "superamento, passaggio, trasformazione". Il vecchio Piero, rancoroso e adirato, non mi andava più, non mi riconoscevo più in lui. Volevo qualcosa di nuovo, di diverso, più conforme alle mie nuove forme di sentire. E, poiché mi è stato detto di essere contiguo ai miei sentimenti, eccomi qui. Non ricerco obiettivi o risultati, seguo le mie sensazioni, sviluppo le mie emozioni. Questa è la mia natura. Certo non sono rassicurante, certo non do garanzie, certo non sono banale e/o conforme. Sono un essere transeunte. Se suscito spavento, o ribrezzo, o fastidio, lo capisco. Però io sono così.
 
                               Piero Visani

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