polvere sul viso e sul cappello,
io e Maddalena all'occidente,
abbiamo aperto i nostri occhi oltre il cancello
Non so perché, ma l'incipit di "Avventura a Durango", versione italiana - opera di Fabrizio De André e Massimo Bubola - di "Romance in Durango", di Bob Dylan, mi è sempre piaciuta moltissimo:
"Hot chili peppers in the blistering sun
Dust on my face and my cape,
Me and Magdalena on the run
I think this time we shall escape"
Con poche, magistrali pennellate, ci porta nel clima di un Messico di fantasia, dove la vita è avventura e l'avventura è vita (e forse anche morte, ma di quel tipo di morte che dà senso alla vita).
Non so perché, ma è una canzone che mi è sempre piaciuta, fin da quando uscì, contenuta nell'album "Rimini" (1978). Disegna un'ipotetica avventura, quasi certamente non a lieto fine, in mezzo a toni volutamente sovrarappresentati.
Non penso di aver mai avuto una vita come quella ritratta in questa canzone, ma la rottura della quotidianità, dell'ordine pseudonaturale delle cose, è comunque un fattore che esercita su di me un'attrazione fortissima. Sono sempre alla ricerca di "Avventure a Durango", letterali o traslate. Non smetto mai di cercarle. La vita che va a sfiorare la morte (latamente intesa, poiché è una morte che si presenta come possibile esito di un grande azzardo) è qualcosa di infinitamente migliore del piatto vegetare quotidiano. Quanto meno, a me piace di più.
Piero Visani
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