Prima di andare a letto, attendo quello che chiamo "il pensiero delle 2 di notte". Quest'ultimo di norma varia: va dai frammenti di canzoni gucciniane ("l'angoscia e un po' di vino, voglia di bestemmiare", da "L'avvelenata") a quelli di canti all'indice (Die Fahne hoch! Die Reihen fest geschlossen!, da l' "Horst Wessel Lied").
Quello di stanotte, per contro, è un pensiero consolatorio: è vero, sono dannato e sono all'indice, ma pensate a cosa potrei essere oggi dopo un anno intero da "utile idiota", da "servo sciocco", da socio apprezzato, ragionevole, attento all'interesse comune, adeguatamente asessuato; da "amico eunuco"? Ci sarebbe da restare svegli tutta la notte, immersi nell'incubo.
Così, almeno, sono uscito definitivamente di scena e mi sono portato dietro la mia dignità. Non sono più niente, ma sono ancora tutto. Sono ancora io. Non è un risultato da poco. Ho preservato la mia integrità. Oggetto di odio e disprezzo, ma non piegato ad alcun compromesso. Non fanno per me, i compromessi. Ma non rimprovero nulla ad alcuno: è stato legittimo chiedermeli ed è stato altrettanto legittimo per me rifiutarli. La questione finiva ovviamente lì e lì è finita, come doveva essere. Se non si va avanti, si va indietro. Nessun dramma e nessuna lite: normali divergenze esistenziali. Una persona ti dice: "ti vorrei così e cosà". E tu rispondi: "no grazie!". Fine della storia. Nulla di traumatico, direi.
Piero Visani
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