venerdì 19 luglio 2013

La nuda verità:"The cats will know"

       L'estate è una stagione dinamica: ci si muove di più, si ricevono più inviti, le persone sono invitate a destra e a manca. Lo stesso nucleo familiare diventa più elastico, al punto che ciascuno dei suoi componenti conduce un'esistenza maggiormente individuale, fruendo di superiori spazi di libertà.
       Gli incontri si moltiplicano e il caldo, talvolta, esercita una benefica azione sui sensi. Può così capitare che, a una festicciola tra amici, si facciano conoscenze nuove e la conversazione si infittisca, stimolata in apparenza dalla comune lettura di un libro o dalla visione di un film e, in sostanza, dalla carica erotica che ciascuno di noi è in grado di emanare, dalla voglia di curiosità, dal desiderio dell'altro. E' una stimolazione superficiale e profonda al tempo stesso, nel senso che il gioco della seduzione si sviluppa in superficie, nelle classiche atmosfere di un party estivo, dove la carne femminile esibita (talvolta ostentata...) è molta e invitante; ma si sviluppa altresì in profondità, perché una conversazione di condivisione d'interesse per un romanzo o una poesia accende meccanismi profondi, fa scoprire empatie, fa nascere desiderio per l'altro.
      Il tema da cui si sviluppa la conversazione è la poesia The cats will know, di Cesare Pavese, tratta dalla celeberrima raccolta Verrà la morte e avrà i tuoi occhi.
      La deliziosa signora che ne discute con me non pare del tutto convinta della mia tesi che si tratti di un componimento intriso di profonda, abissale tristezza. Cerco di persuaderla, ma alcuni sfioramenti di mani che tengono i calici (i primi due probabilmente casuali, i successivi certamente no) di un gradevole vinello bianco frizzante mi fanno comprendere che Pavese, nella circostanza, è forse importante, ma altre cose di più...
       Sono vagamente perplesso. Di fronte a me ho una donna di classe, direi più vicina ai cinquanta che ai quaranta, tirata a lucido, ma con qualcosa, in sé, di innegabilmente mascolino.
       Mi pervade un certo gelo. Non vorrei cadere in una nuova provocazione pseudoerotica di bi- od omo-sex alla ricerca di maschi da prendere in giro. Ho già dato, abbondantemente...
        Assumo quindi un'attitudine difensiva, ma ormai la deliziosa signora è all'attacco e, visto che l'offensiva si sviluppa in profondità e - contraddicendo felicemente, per una volta, il detto clausewitziano - NON "si esaurisce progredendo", metto da parte ogni riserva, remora o paura, e mi abbandono al flusso sensuale della notte d'estate...
        Ormai sono due o tre volte che gli sviluppi dei miei incontri ravvicinati con esponenti dell'altro sesso sono anche meglio delle premesse e, per uno come me, che ha sviluppato un sano terrore delle seduzioni femminili a metà o per odio del maschio, la cosa è di infinito conforto: il sesso è una nuda verità, e solo quella conta. Tutto il resto sono balordi infingimenti che non approdano mai a niente, frutto di disturbi, repressioni, diversità a carico delle quali non ho alcunché, a condizione che non vengano usate strumentalmente contro di me come maschio, ma sviluppate - semmai - con le loro naturali referenti.
         Sono soddisfatto: amo questi rapporti del tipo "tutto in una notte". Sono sinceri, freschi, veritieri, liberatori. E poi sono attratto da una donna che ama le opere di Cesare Pavese, uomo delusissimo dalle donne, ma che continuava ad amarle nel profondo. Ci sono elementi di affinità che dovremo approfondire. E io amo molto, moltissimo le donne colte. Meglio scambiarsi i numeri di cellulare: ho troppo bisogno di tornare a vivere, a provare emozioni...
 
                                        Piero Visani
      

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