In tutti i tipi di giochi (personali, collettivi, relazionali, professionali, sportivi, di carte, etc.) esiste un comportamento di fondo ispirato a regole che sono di norma definite di fair play. A proposito di queste ultime, visto che oggi è esattamente un anno che ho chiuso certi giochi, vorrei ricordare quanto segue:
- se nessuno mi fosse venuto a cercare, io sarei rimasto per i fatti miei;
- se nessuno mi avesse lasciato degli spiragli aperti, dopo certe mie prese di posizione, io avrei lasciato perdere;
- se questi spiragli non si fossero progressivamente ampliati, almeno fino al marzo 2012, io avrei lasciato perdere;
- se, dopo che avevo capito che il clima era cambiato, mi fosse stato esplicitamente detto di togliermi di torno, io l'avrei fatto. Invece, in qualche brutto caso, si è anche continuato a giocare con me e con la mia disponibilità a mediare...
Con queste premesse, una volta che me ne sono andato, sia pure sbattendo la porta e lanciando qualche impropero, perché offendersi? Forse perché, oltre che portare via me stesso, mi sono portato via anche una società che poi è cresciuta e prosperata? Quella società era mia: avrei dovuto lasciarla in comodato d'uso? O fare il socio di maggioranza e comportarmi al tempo stesso da utile idiota?
Me ne sono andato e, come capita tutte le volte che uno se ne va, ho portato le mie cose con me. Non le cose altrui, le mie. Dunque perché offendersi? Io non mi sono offeso. Ho fatto la valigia e l'ho riempita delle cose mie. Dovevo lasciare dei regali?
Piero Visani
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