Ogni tanto bisogna togliersi una soddisfazione. Ognuno cerca ovviamente le proprie, ma credo che ciascuno di noi senta l'esigenza assoluta di trovare, di tanto in tanto, "un po' di sole nell'acqua gelida", specie se la vita che conduce è una battaglia quotidiana e non è troppo gravida di cose belle.
Sulla natura delle soddisfazioni che ciascuno di noi cerca, si potrebbero avviare discorsi molto lunghi e complessi, ma il fattore che li unifica è sicuramente la ricerca del piacere, almeno così io credo.
Sul tema, siamo tutti giustamente evasivi e sfuggenti, specie se il piacere che ricerchiamo non è dei più confessabili. Io stesso mi asterrò dal dire che cosa ricerco io. Tuttavia, posso almeno specificare che, dopo anni di ricerca, di prove, di sondaggi, di suggerimenti, ho trovato qualcosa che cercavo da tempo. Il campo forse non è del tutto ignoto, ma il problema vero, verissimo, è chi lo calca, quel campo, poiché la differenza può essere quella che, a livello calcistico, intercorre tra un Lionel Messi e un giocatore semiprofessionista.
In certi ambiti, e in particolare in quello del piacere, il materialismo dominante impone e fa ricercare le "sensazioni forti", il che è assolutamente legittimo, ma è dozzinale; dozzinale come certi piatti in cui le singole componenti culinarie hanno la meglio, con la loro intensità, sull'armonia del piatto stesso nella sua globalità.
Oggi - molto scioccamente - si ritiene che l'essenza del piacere sia fisica. Niente di più falso e fuorviante: l'essenza del piacere sta a cavallo tra ritualismo e cerebralità. Il piacere spogliato dal rito equivale alla frettolosa degustazione di un cibo precotto: non dice niente. E' equiparabile a certa pornografia, dove tutto ruota intorno all'atto. E i preamboli? Il sottile piacere che nasce da un progressivo e lento avvicinamento al piacere stesso? Perché confondere il consumo con la splendida articolazione della degustazione?
Il ricorso al ritualismo e alla cerebralità, per contro, accendono i sensi, fino a farli vibrare, dunque li caricano, mentre l'atto si limita a scaricarli. La differenza è abissale.
Il dramma è che oggi, a livello di piacere, la capacità di caricare è andata quasi totalmente perduta, riservata ad alcune splendide vestali, in genere molto acculturate, oltre che belle, mentre lo scarico è riservato a un lumpenproletariato dei sensi che è riuscito a democratizzare, e dunque a involgarire e a imbarbarire, persino la nobilissima arte del piacere. E il piacere democratico è un ossimoro, in quanto il piacere è per sua natura aristocratico, percepito da pochi, assaporato da pochi, condiviso da pochi. Il piacere è per gli happy few, a condizione che sappiano di esserlo e abbiano voglia di sperimentarlo...
Trovare alcune di queste vestali del piacere è un compito improbo, poiché chi le conosce le tiene per sé, ne conserva gelosamente nominativi, indirizzi, specializzazione, segreti. Tuttavia, se superando le comprensibili resistenze si riesce ad approdare ad esse, e con esse si entra in sintonia, allora è pura beatitudine, in quanto costoro sono perfettamente consapevoli della natura rituale e cerebrale del piacere stesso.
Il piacere così fruito sta come un abito sartoriale al pret-à-porter; come il piatto di uno chef pluristellato a quello di un fast food. E i costi sono proporzionali. Però, le rarissime volte in cui si approda alla persona giusta, si può dire che ne valga la pena.
Questo perché, oltre alla componente rituale ed a quella cerebrale, il piacere ha altresì una dimensione ludica e ci vogliono coloro che la sappiano percepire, recepire e sviluppare alla perfezione.
Le etère, quelle di altissimo livello, sono donne talvolta eccezionali, che del piacere conoscono ogni possibile dettaglio. Ma arrivare a quelle giuste può essere una strada molto lunga e complessa. Se si riesce a percorrerla, l'esperienza può essere molto gratificante. Peccato non poterla raccontare nei dettagli...!
Piero Visani
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