Non so se sia stata quella la faccia con cui sono arrivato, ieri mattina sul presto, a Genova. Mi conforta il fatto che, a differenza di Paolo Conte, non sono piemontese doc, ma solo d'adozione. E mio padre, per quanto romagnolo, anzi romagnolissimo di famiglia, nacque comunque a San Pier d'Arena e a Genova fu sempre di casa.
Quindi, supponendo di non avere "quell'espressione un po' così", mi sono addentrato nel centro della "Superba", ho parcheggiato l'auto e, siccome era molto presto rispetto al mio primo appuntamento, ho girellato un po' per le vie del centro, assistendo non dico al risveglio ma all'avvio delle attività lavorative della città.
Mi sono sentito tranquillo, affrancato dagli umori atrabiliari che mi portavo dietro da troppo tempo. C'è stato un punto di svolta, non intendo dire quale, che, una volta superato, mi ha consentito di guardare dentro di me con spirito nuovo.
Come ha scritto Carl von Clausewitz, il grande teorico prussiano della guerra, il mitico autore di Vom Kriege, "l'offensiva si esaurisce progredendo", ed è successo esattamente lo stesso per la mia e, nel momento in cui si esauriva, ho ritenuto che gli obiettivi della medesima potessero definirsi infine raggiunti.
Me lo aveva detto la mia magistrale life coach: "quando l'odio e la rabbia saranno fuoriusciti del tutto, ti sentirai meglio, ti sentirai un altro". E, in effetti, in quella mattina di sole, ma dall'aria ancora relativamente fredda, mi sono sentito davvero un'altra persona.
Nessuno scende mai in guerra a cuor leggero e io posso dire che, alla mia veneranda età, non sono mai sceso in conflitto per ragioni di interesse. Per contro, sono sceso spessissimo in guerra per difendere il mio onore e la mia dignità. L'ho fatto anche questa volta e ora li sento definitivamente tutelati.
Non mi sento vincitore, anzi mi sento totalmente sconfitto e incompreso, ma - come sempre - bisognava, sopra ogni cosa, salvaguardare l'onore. Come scrisse Francesco I, re di Francia, subito dopo la catastrofica sconfitta subita a Pavia (1525), "tutto è perduto, fuorché l'onore e la vita che è salva". Della vita, non mi è mai importato alcunché e invero non credo che, nel caso di specie, fosse in gioco. Dell'onore, per contro, mi è sempre importato moltissimo e ora la sento tutelato, adeguatamente tutelato. E' stato un gioco al massacro, lo so bene, ma so anche benissimo di non averlo iniziato io, per cui, quando si cominciano giochi del genere, occorre essere lucidamente consapevoli che non è possibile in alcun modo prevedere come andranno a finire. E non sono per nulla certo che questi fossero gli esiti previsti da chi lo aveva iniziato. Quanto a me, se fossi credente (ma non lo sono...), potrei dire: "Dio mi perdoni gli ultimi cinque minuti di questa guerra". E, in quanto a politicamente scorretta, questa citazione è davvero il massimo, esattamente come amo le cose io: non "per bene", non banali, non serene, non tranquillizzanti.
Ritorno lentamente verso il luogo del mio primo appuntamento genovese e mi sento decisamente meglio, dopo tanti mesi. Sono andato dove volevo andare, sono arrivato dove volevo arrivare. Sono oltre. I costi sono stati enormi. I miei gesti sono stati ritenuti "inutili", perché sarebbe inutile "darsi addosso" in un mondo così difficile. Mi permetto di dissentire. Quando si è duramente colpiti, occorre restituire, non necessariamente con gli interessi, ma certo restituire.
Da qualche giorno, alcuni indizi mi fanno ritenere che ho restituito. Dunque io sono oltre, perché per me tutto ritorna in pari, al punto che mi sento addirittura magnanimo, aperto, disponibile, dialettico. Invito tutti a ricordare - per scegliere una metafora biblica - che io faccio parte, per vocazione dichiarata, degli "angeli ribelli", di coloro che si sentono parte di una "razza insolente di superuomini", di coloro che non si pentono di alcunché. Ma, come Lucifero, sono "portatore di luce", di una luce intensissima che spesso acceca, Tutti, non me. Vi sono mai sembrato banale, ordinario, "brav'uomo"...? Certo, volare così alto può essere difficile, ma, se si cerca realmente la diversità, beh, chi meglio di me può darla...? A condizione di abbandonare schemi mentali classici, di uscire dal finito per entrare nell'infinito, e quella è la parte più impervia. Ma nessuno che mi abbia conosciuto davvero può pensare che io sia una persona qualunque o che non riesca sempre a dare quello che avevo promesso. Io semino vento, un vento così forte che può far aprire anche le vele più restie. Se in qualche caso raccolgo tempesta, non credo sia dipeso da me.
Oggi non spero niente, non credo in niente, sono consapevole di aver provocato enormi ostilità. Mi permetto sommessamente di ricordare che ogni azione provoca una reazione. La mia reazione è conclusa. Il resto, anche se sarà nulla, "lo scopriremo solo vivendo". Io ci sarò. Gli (un)happy few le sfide le raccolgono sempre.
Piero Visani
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