sabato 4 maggio 2013

La mer et moi

       Da bambino amavo il mare. Per me si identificava con la vacanza, in genere a Varigotti, con puntate a Noli e Spotorno. Ogni anno ritrovavo i miei amichetti ed era gioia pura.
       Verso i 10-12 anni, già non era più così, per la nascita dei primi amori giovanili. Ero molto timido, mi piacevano coetanee che non avevo il coraggio di avvicinare, mi assillavano altre che non mi interessavano proprio.
        Subito dopo, con l'avvento della pubertà, la situazione è anche peggiorata. Io voglio sempre tutto, preferibilmente subito. Non so se riuscite a immaginare la mia condizione nell'Italia dei primi anni Sessanta, cattolicissima, sessuofobica, alle prese con ragazzine cui il sesso era presentato come un'idra a molte teste (o a una sola...) e che, dalle loro care mamme, era istruite a transare, transare, sempre transare... Ne conosco ancora oggi legioni. L'unica differenza è che sono diventate grandi, ma, quanto a transare...
        Incominciai a immergermi nella noia, la noia esistenziale. La noia delle rinunce, degli schemi, delle regole, dei ruoli. Era stato considerato, fino a quella data, una persona solare. Diventai colui che era solitario, schivo, appartato, timido, imperscrutabile.
         Fingevo di fare cose, di divertirmi, ma in realtà osservavo tutto con distacco. Vedevo perfettamente di essere immerso in una Matrice e mi chiedevo, fino all'angoscia, come mai non la vedessero gli altri.
          Il mare cominciò a darmi fastidio. Le vacanze al mare erano il periodo in cui soffrivo più che in tutta la restante parte dell'anno. L'unica cosa che mi soddisfaceva ancora, del mare, era il senso di infinito che esso mi proiettava addosso.
          Arrivato ai 18 anni, automunito e libero di fare quello che volevo, non andai mai più al mare. Per me, era un luogo di menzogna, di infingimenti, mentre io cercavo verità. Andai spesso all'estero e almeno trovai ragazze che nutrivano gli stessi forti appetiti sessuali che nutrivo io e che, se dopo talvolta neppure ti guardavano, ti avevano fatto vivere attimi di gioia intensa. Amo molto il sesso come biologia, come incontro biologico. Quando lo dico tutti mi guardano come se fossi un depravato, mentre sono solo uno che ha il coraggio di dirlo... Lo amo ancora di più come incontro di anime, oltre che di corpi - sia chiaro - ma notoriamente l'incontro di anime è impresa assai difficile, sempre.
          Tornai al mare solo per far crescere mio figlio Umberto, e devo dire che la Forte dei Marmi dell'epoca (seconda metà degli anni Ottanta), con i suoi spazi, i suoi silenzi, le sue pinete, i suoi lunghi viali da percorrere in bici, ancora mi è rimasta nel cuore, anche se mi dicono che sia molto cambiata, in peggio.
           Se posso, non vado al mare e, se ci vado, ci vado malvolentieri. Per me è un luogo di menzogne, di infingimenti, di persone che si presentano per come forse vorrebbero essere ma probabilmente non sono. Per me il mare è un luogo di falsità: i corpi si svestono, ma le anime no e, quando le anime si svestono, se per caso avviene, mi accorgo che molti dei proprietari delle medesime in realtà non hanno un'anima, ma solo un simulacro della medesima.
             Per me il mare è un luogo di falsità, un luogo di barriere che paiono abbassarsi, ma in realtà non cadono, non cadono davvero. Preferisco stare chiuso in una stanza buia, almeno vedo me stesso e gli altri per quel che sono. Non è necessariamente una bella visione, nel primo come nel secondo caso.
 
                       Piero Visani
         

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