Quali sono le direttrici dei "viaggi sentimentali"? Di norma passano attraverso luoghi, che evocano vividamente ricordi. Ma talvolta passano anche attraverso altre strade. A me passano essenzialmente attraverso la mente.
Io considero la mia vita essenzialmente come un coacervo di occasioni perdute, di cui non saprei nemmeno bene motivare le cause. Non ho mai capito, non sono stato mai capito, non mi sono mai fatto capire. Di norma sono tollerato, spesso guardato con diffidenza, qualche volta con timore e soggezione.
So bene di avere una forte impossibilità di essere normale, ma non mi considero nemmeno un mostro. Tendo a stare molto richiuso in me stesso e ad uscire solo quando ritengo che ne valga la pena. La mia tragedia è che sovente scopro che forse non ne valeva la pena... Tendo ad entusiasmarmi, il che - suppongo - è frutto della mia solitudine, la quale, tengo a precisarlo, non è una solitudine sociale, perché sono immerso in mille attività, ma relazionale, intima, vera. Il mio dialogo vero avviene con pochissime persone e dunque, quando si viene a rompere quello che ritenevo un dialogo vero, per me sono una smacco e una.sofferenza atroci. E' come se dicessi: ti ho fatto entrare in questo sacro pomerio, riservato a pochissimi eletti, e ora non vuoi starci più? Non ti accorgi che parlo a pochissime persone e mi racconto ad ancor meno?
Ho subito non poche volte, in vita mia, questa delusione verticale, questo crollo delle mie speranze e delle mie attese, e non l'ho mai somatizzata del tutto. E' la causa prima dell'infinito dolore che mi porto dentro. Che è un dolore da delusione esistenziale. Il che non equivale a dire da delusione sentimentale. Sono due cose molto diverse. E' successo non poche volte, nel corso della mia vita, che, esaurita o non esplicata la parte sentimentale, io abbia cercato di salvare la parte esistenziale, ma è sempre stato un disastro anche lì. Per alcune persone, io non vado bene nemmeno per un dialogo.
Il rifiuto sentimentale è nella logica delle cose; quello dialettico/relazionale è cosa decisamente più complessa. Ma ovviamente lo accetto. Quanto meno, mi spinge a interrogarmi sempre più in profondità su me stesso. Mi spinge a farmi male, ma io non ho paura di farlo, se questo mi rende più contiguo alle mie emozioni, se mi induce a conoscermi meglio, se mi induce a guardare in faccia la realtà, per quanto orribile essa possa essere. Non amo i percorsi agevoli e di strada - da solo - ne ho fatta tanta per cui - in questa fase della mia vita - qualche milione di chilometri in più o in meno davvero non mi spaventa. Ma - e questa è forse una discriminante fondamentale - io voglio conoscermi, non dimenticarmi.
Piero Visani
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