sabato 4 maggio 2013

Non c'è gusto, in Italia, a essere intelligenti

      L'ho scoperto a mie spese, quanto scritto nel titolo di questo blog, molto prima che uscisse (correva l'anno 1987) il mitico album degli Skiantos e del loro leader, Roberto "Freak" Antoni.
       E' normale che sia così. Il nostro è un Paese profondamente intriso di cultura cattolica, dunque ipocrita, conformista, perbenista, "inciucista". Nulla deve cambiare, affinché nulla cambi (la formula è inversa, ma il significato è identico a quello de Il Gattopardo). Al massimo, è lecito stordirsi per dimenticare. Tutto il resto è noia. Fate quello che volete, basta che non disturbiate i manovratori.
      Il dramma è quando, in un contesto del genere, nasci provvisto di un minimo di intelligenza, non sei paraculo di natura e cerchi di farti strada da te, con le tue forze.
      E chi sarebbe mai questo natural born fool? Perché viene a spezzare equilibri consolidati? Stia al suo posto, che ovviamente è l'ultimo, e si accontenti? Che diavolo vuole? Si diverta e non se la prenda a male. Si ricordi sempre che, "se comandare è meglio che fottere", a lui toccherà sempre e soltanto fottere e - molto più facilmente - essere fottuto...!
      Non me ne sono mai fatto un problema, a livello professionale. Ho fatto un abbozzo di carieruzza, qua e là. Non ho mai legato l'asino dove voleva il padrone. Me lo hanno fatto notare, con maggiore o minore grazia. E io me ne sono sempre bellamente fregato. In taluni casi, mi hanno allontanato di brutto, in altri hanno preso a trattarmi come un "folle di dio" che, in questo Paese, è comunque un modo per ritagliarsi un piccolo spazio operativo.
      I problemi nascono a livello privato, poiché, non essendo nel nostro Paese l'intelligenza un bene cui viene riconosciuto un qualche valore, per naturale spostamento metapolitico la cultura delle élites è trasmigrata alle masse, creando progressivamente il "Paese dei cinepanettoni".Un Paese che sa scoreggiare alla  grande e pensare alla piccola, anzi piccolissima. Ciò che, per l'appunto, volevasi creare... Un Paese dove l'unico mese che ha importanza è agosto, il mese delle vacanze, il resto è un intervallo di noia e di iterate geremiadi.
       Non che manchino le eccellenze, anzi, ne abbiamo forse più - a livello di individualità - di altri Paesi, ma la cultura collettiva non li considera altro che "folli di dio", da cui tenersi accuratamente lontani.
       Fin da bambino, sono stato anticonformista: non volevo andare a messa, non volevo andare all'oratorio, mi inventavo stronzate pseudofasciste quando i miei professori, per puro conformismo, facevano "tirate" resistenziali non richieste. E sono andato avanti così.
       Non contando sulla solidarietà istituzionale, che mi immaginavo comprensibilmente modesta, puntavo su quella dei singoli individui. Ed è qui che sono cominciate le delusioni, le grandi delusioni. Ho infatti compreso molto in fretta che spesso gli italiani sono anche peggio di coloro che li governano (e ce ne vuole...!), che sono superficiali, conformisti, amanti di quattro cavolate e permeabili a qualsiasi forma di manipolazione.
       Così, mi sono rinchiuso progressivamente in me stesso, a parlare tra me e me. Con qualche saltuaria sortita, in genere dettata dalla sensazione - talvolta illusoria - di aver trovato qualcuno con cui dialogare. Poi ritorno al silenzio e ai dialoghi con me stesso. Se uno prova a spiegare e a spiegarsi, e riceve solo danni e beffe, allora è meglio ripiegare sul sempre valido never explain, never complain. Che è un motto che piace davvero a tutti in quanto, se lo applichi alla lettera, tutti i superficialissimi che ti circondano pensano che così, quanto meno, non stai a rompere i coglioni...
       Quando capita a me, qualche volta mi arrabbio, ma poi, passata l'arrabbiatura, prontamente mi adeguo. E - forse - a quel punto comincio persino a ritornare simpatico... Miracoli del conformismo!
 
                                   Piero Visani
 
 
 

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