Cosa resterà dei miei atti? Cosa resterà dei miei pensieri? Cosa resterà dei miei amori? Probabilmente nulla, ma la sensazione di vuoto che ne deriva non è e non può essere tale da indurmi a pensare di aver sbagliato.
Ho vissuto situazioni che mi hanno coinvolto nel profondo e nelle quali ho profuso tutto me stesso. L'esito è stato catastrofico, ma io so che rifarei tutto, alla lettera, perché quello che ho fatto è quanto sentivo di fare. E quello che mi piace sottolineare - e mi piace persino sentire - è che più il tempo mi allontana da certi momenti, da certe collere, da certe sofferenze, più mi sento pervaso dal convincimento di essermi comportato nel migliore dei modi possibili, di avere fatto di tutto e di più.
Si tratta di un sentimento consolatorio, ma - chiariamoci - non nell'accezione classica che viene attribuita al termine: qui non c'è nessuno da consolare, perché io non ho rimpianti, non per quanto riguarda me. Sono stato lucido, presente a me stesso, pieno di sentimenti positivi finché ho avuto la possibilità di esserlo, e li ho estrinsecati nelle forme "sopra le righe" che mi sono proprie. Poi, quando li ho visti e sentiti inutili, quando mi sono in una certa misura sentito ingannato, ho avuto una reazione rabbiosa, ma ora è passata anche quella e, nel poco o nulla che mi resta in mano, mi rimane comunque quella mia capacità di buttarmi, anche e soprattutto senza rete, ma con generosità, con voglia di conoscere, di sperimentare, di fare, di andare oltre. Questa è la parte consolatoria.
I voli senza rete - si sa - possono finire molto male, ma non ritengo che il mio sia finito così. Sì, ho battuto molto duramente sul terreno, ho subito danni, di cui qualcuno forse permanente, ma quello che mi sta riempiendo giorno dopo giorno di entusiasmo e di sentimenti positivi è che, in tutta questa vicenda, io sono stato vero. E sono sempre andato avanti, senza scappare mai, esattamente come sono solito fare.
Non ho nulla da rimproverare ad alcuno, perché ciascuno ha fatto le proprie scelte e io ovviamente le rispetto. Non tornerò nemmeno sul tema della sincerità o meno, delle prese in giro o meno. Sarebbe sciocco. Quello che conta davvero è che fossi sincero io, e io sono sempre sincero. Ma è proprio la sincerità che mi ha salvato. Potrei forse rimproverarmi di essere stato sincero? Di essere diventato, grazie a quella mia sincerità, un "tesoro", apertamente apprezzato? Palesemente in grado di suscitare reazioni positive.
Come potevo immaginarmi che il "tesoro" a un certo punto sarebbe divenuto un "noioso", un "perturbatore"? Non era nei miei intenti. Io non sono cambiato. Se altri sono cambiati, se è mutata la valutazione su di me, va benissimo. Magari non me lo si è spiegato proprio con stile, ma non c'è certo problema. Ho saputo uscire di scena, a modo mio, ovviamente, ma ci sono riuscito.
Se oggi il mio animo si fa ogni giorno più leggero, anche se le date sul calendario mi fanno correre la mente a momenti non proprio gradevolissimi, è perché ricordo bene sincerità, disponibilità, flessibilità, rispetto, cura e amore presenti nelle mie offerte. Di cosa dovrei pentirmi o rimproverarmi? Che cosa mi può importare essere diventato un catalizzatore di odio e rabbia? Odio di che, rabbia di che? Io sono sempre me stesso, sincero esattamente come prima. Non ho dovuto nemmeno cambiare i miei giudizi, che restano positivi, perché sapevo di gestire una situazione di confine, volevo provare a farlo e, anche se non ci sono riuscito, non sono pentito. Ci ho provato, perché amo le grandi sfide, le missioni impossibili. La mia è fallita, ma la sua bellezza stava proprio nell'elevatissimo livello di difficoltà e nell'assoluta singolarità dell'obiettivo. Se anche mi fossi comportato come Icaro, che volò troppo vicino al Sole, beh, ci sarebbe da essere lusingati, no?
Ora sono qui, a fare tesoro dei miei errori, ma prontissimo a tornare a volare: l'enorme carica di pathos che mi porto dentro può non piacere, per carità, ma non vorrete mica che la comprima. Si riparte, si riparte! Non mi attengo a norme (da leguleio) e non faccio calcoli (da economista). Attingo solo alla mia voglia di vivere e di sperare. E la speranza è di trovare presto non una missione possibile, ma la più folle, estrema e divertentissima delle missioni impossibili. Non giudico niente dal successo, io, ma solo dalla voglia di rischiare. E la mia voglia di rischiare è formidabile. Le "puledre irlandesi" cui ancora non ho dato la caccia sono avvertite: I'm back!!
Piero Visani
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