mercoledì 26 giugno 2013

Un "uomo oggetto"

      Sì, lo confesso, sono stato anch'io un "uomo oggetto". Non molte volte nella vita, anzi direi poche, pochissime. Ma certamente lo sono stato. Mentirei a me stesso se non lo ammettessi.
       Quando sono stato un "uomo oggetto"? Quando ho incontrato una donna che mi piaceva moltissimo e, per destare e mantenere le sue attenzioni, sono diventato un oggetto nelle sue mani.
        L'ho fatto deliberatamente, consapevolmente, sia nelle fasi positive (cioè in quelle in cui occorreva destare la di lei attenzione) sia in quelle negative (quando occorreva cercare in qualche modo di tenerla viva, pur comprendendo che stava declinando). E mi sono impegnato a fondo in entrambe le fasi, perché il mio interesse per quella donna era precipuo.
        Mi sono anche sentito un "uomo oggetto", visto che servivo a tutto meno che a quello che interessava a me, ma non me ne sono minimamente preoccupato. Mi interessava suscitare le attenzioni dell'amata, null'altro. Ergo regali, attenzioni, supporto totale nelle fasi di crescita; adeguamento ai suoi desiderata, quali che fossero, in quelle di declino.
        Ho fatto male? Probabilmente sì, ma era ciò che sentivo di fare.
        Ne ho tratto vantaggi? No, ne ho tratto solo gravi danni, ma era quello che ritenevo giusto fare.
        Nelle fasi di crescita, speravo di ottenere successo. Nelle fasi di declino, speravo di ottenere rispetto. Ho mancato clamorosamente entrambi gli obiettivi, ma non sono pentito. Ho lasciato parlare il mio cuore e - a quanto pare - è proprio quello che non si deve fare.
        Dei trattamenti molto ruvidi che ho subito, non ho nulla di che lamentarmi. Superata la disillusione iniziale, li ho accettati come comprensibili, visto che facevo così schifo. Mi rimane il dubbio di come possano essere state invece prese tanto sul serio le mie reazioni da persona con il cuore spezzato, visto che è una bella pretesa esigere che solo gli "uomini oggetto" abbiano il senso della sconfitta e ne prendano atto gioiosi. Le donne invece hanno il diritto di offendersi, se qualcuno le critica...? E la gioia per la vittoria conseguita? Io sono stato destinato a un cassonetto e ci sono andato disciplinatamente, solo preoccupandomi di ricambiare il lancio. Davvero un gesto così simpaticamente paritetico è risultato tanto iconoclasta? E il senso del gioco, la visione ludica che deve presiedere alle cose? Serve solo se le partite le perdo programmaticamente io, e i danni restano a me? Come è bello essere egualitari e libertari in siffatta maniera: privatizzazione dei profitti e attribuzione solo a me delle perdite. Eh sì, più oggetto di così: un vero uomo da marciapiede. Per fortuna che, come peripatetica, scalcio parecchio e - a quanto pare - faccio pure parecchio arrabbiare. Pensate se non ci riuscissi, sarei un fallimento su tutta la linea. Così, invece, qualche soddisfazione (postuma) me la tolgo anch'io.
 
                          Piero Visani

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