giovedì 6 giugno 2013

Una vita esemplare

      Tanti anni fa (1996), quando vidi Trainspotting, film di Danny Boyle, dal romanzo di Irvine Welsh, capii che non avevo più niente da scrivere e che mi sarebbe bastato inserire la mia vita all'interno dei due monologhi del film, quello iniziale
 
 
 
 
e quello finale.
 
 
 
   
   Non mi serviva altro. C'ero tutto io e gran parte di quello che avrei potuto scrivere. C'era, soprattutto, tutta la repellenza che nutro, dal 25 luglio 1950, nei confronti del mondo in cui mi è toccato di vivere. Mondo non ovviamente inteso come dimensione familiare o sociale, ma proprio come pianeta Terra e la razza immonda che lo popola.
       Ho benedetto Irvine Welsh quando ho visto il film (perché purtroppo prima ho visto il film e solo dopo ho letto il romanzo) e mi ha aperto il cuore sapere che è uno scozzese di Leith, il porto di Edimburgo.
       L'anima celtica, inutile negarlo, viene fuori sempre e i Celti - storicamente - sono noti per essere stati un popolo molto crudele, ma con un'anima ilare, capace di uccidere, ma anche di prendersi in giro, rivoltando pure il coltello nella piaga. Se non lo fossi per etnia (non scambiatemi con un leghista, grazie), lo sarei per affinità culturale.
       Trainspotting è un mio viatico per affrontare gli orrori della quotidianità, è la mia droga personale (le altre non mi sono mai interessate). E' l'orrore svelato a chi fa finta di non vederlo o magari ha pure il coraggio di dirci che è bello. Ma i Celti non è così facile prenderli per le terga (escluso me, ovviamente...).
 
                                      Piero Visani
 

Nessun commento:

Posta un commento