Nelle cause civili, oggi si arriva spesso molto rapidamente al clou della questione, che consiste in genere in un'offerta di patteggiamento, del tipo: ti dovevamo tot euro, te ne diamo subito parecchi di meno, cash, e tu chiudi la causa contro di noi.
Purtroppo per la mia controparte, non sono un soggetto adatto ai patteggiamenti perché non amo le soluzioni residuali: non le amo a livello personale, quando, se magari cerco amore e anche sesso mi offono in cambio amicizia (!!!); non le amo a livello professionale, dove pensano che farmi fare l'utile idiota per conto terzi sia una soluzione a costo zero, mentre così propriamente non è; non le amo in assoluto, perché io sono una persona che vuole tutto, sempre, e, se gli offrono un accomodamento, dice allegramente: "tenetevelo!".
Nonostante la mia non più verde età, infatti, mi restano molto oscure le ragioni per cui io dovrei fare le cose che gli altri amerebbero io facessi. E ancora più oscuro mi resta cercare di capire perché, se mi adatto va bene, ma, se non mi adatto, allora sono un intrattabile, un essere miserevole e spregevole.
Chiedo sommessamente: e perché dovrei adattarmi? Perché fa comodo a voi, perché è la soluzione che mi offrite, e dunque vi piace. Il problema è che non piace a me. Vi turba? E perché vi turba? Perché non faccio quello che vorreste che facessi?
Negli ultimi anni, sono passato da una soluzione residuale ad un'altra e le ho respinte tutte: amico eunuco no; socio silente e sfruttato no, e via residuando. Perché dovrei accettare? Perché dovrei accontentarmi? Perché dovrei cedere una parte di me, quella che piace a voi, e tenermi l'altra, quella che non vi piace?
Il mio legale sorride con aria maliziosa. Sa che presto la controparte avrà una sorpresa, un'imprevista, imprevedibile e spiacevolissima sorpresa. Mi conosce da anni e non cerca nemmeno più di persuadermi a fare diversamente. Sono probabilmente uno dei suoi clienti con minore vocazione al compromesso, ma più di una volta ci ha detto bene...
In effetti, la controparte è sorpresa: come, non patteggiamo? No, non patteggio, non sono solito patteggiare. Vado dritto, fino in fondo, costi quel che costi.
A quel punto, ovviamente, parte la lezioncina: "ma il suo, dottore, rischia di essere un comportamento inutile e improduttivo".
"Sì, caro avvocato, è così, ma - veda - io sono del tutto inutile e improduttivo. Se farsi le proprie ragioni, se vedersi riconosciuto qualcosa che a tutti gli effetti mi spetta, un diritto che mi è proprio, equivale a un comportamento inutile e improduttivo, allora sì - è vero - sono inutile e improduttivo".
Mi guarda come se arrivassi da Marte e, in effetti, io per il suo modo di "ragionare" arrivo veramente da Marte.
"Era un modo per chiudere ragionevolmente un contenzioso difficile" - obietta, e pone l'accento sull'avverbio "ragionevolmente".
Ero già pronto: "lo so, avvocato, ma io sono totalmente irragionevole. Voglio quello che mi spetta, non una parte residuale del tutto. Voglio vedere riconosciuto il mio diritto. Non voglio il residuo che siete disposti a riconoscermi voi".
Mi guarda. Vorrebbe forse essere uno sguardo ironico, il suo, ma c'è anche molta sorpresa, nel suo volto. "E allora?" - chiede.
"Noi non patteggiamo".
Non è il caso di annoiarvi con ulteriori tecnicalità. Ho fatto quello che dovevo e sentivo. Avrò qualche nemico in più. Ma - si sa - la lista è lunga. Se, per farsi dei nemici, basta non piegarsi ai ricatti degli altri, comunque si manifestino, io sarò sempre pieno di nemici e di gente che mi disprezza. Mi spiace, lo so che mi avreste preferito più malleabile e manovrabile, così avreste potuto continuare a sfruttarmi. Purtroppo, occorre che cerchiate altri polli!
Piero Visani
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