martedì 18 giugno 2013

La luce in fondo al tunnel

      E' molto sviluppato, in me, il concetto di continuum, molto meno quello di svolta. Riesco a trovare continuità in tutte le cose. Mi è molto più difficile, invece, trovare degli sbalzi, dei salti temporali, delle svolte quantitative. Certo, se questa sera vincessi a una lotteria qualche milione di euro, allora la mia condizione muterebbe e io sentirei nitidamente il concetto di svolta, ma, siccome non li vincerò, mi è molto più difficile sentirlo.
       Per la mia forma mentis, il concetto di svolta può arrivare da un gesto, da un verbo, da uno sguardo, da una parola, da una considerazione. Proprio stamane, parlando con la persona di grande saggezza cui ho fatto cenno nel post Wise man say, questi mi ha detto:
       "Ma perché ti ostini ad avere nostalgia di ciò che non hai vissuto? Perché insisti a pensare con tristezza a ciò che non solo non è stato ma, quando hai chiesto che fosse, ti è stato negato? Non ti sono bastate le esperienze negative che hai vissuto? Perché cerchi una riabilitazione che non troverai, che non puoi trovare, visto che non sei colpevole di niente, se non che di essere stato te stesso?
        Cosa insegui? E perché?"
        E così - finalmente - la domanda me la sono posta anch'io: cosa inseguo? E perché?
        E siccome le risposte che potrei dare sono molto complesse, articolate e per nulla scontate, le terrò per me. Le terrò definitivamente per me e dentro di me. Forse ci scriverò la conclusione del mio e-book. Sarà una confessione, non amara. Tranquilla, un po' amareggiata, priva di rancori veri. La storia di una persona che non riesce granché bene a farsi comprendere dagli altri e proverà a raccontarlo per esteso. Se infatti continuassi a parlarne sul blog, non riuscirei a sottrarmi al rischio della frammentarietà. Tenterò di parlarne in un'unica istanza, provando a spiegare quello che cercavo, che credevo di aver trovato e che ho scoperto a mie spese di non aver trovato. Sarò molto franco e molto sommesso. Il tempo attenua tutto e io non ho più niente da rivendicare. Così potrò cambiare la prospettiva e non guardare più all'esterno di me stesso, ma all'interno. All'unico vero viaggio che sono certo, in questi anni, di avere realmente compiuto.
       Credo di avere ormai tutte le risposte e di poterle dare in maniera articolata, piana e per nulla polemica. Lo farò nel libro, non per ragioni di marketing (non credo che ne venderò molte copie...), ma perché è ormai evidente che per me si è trattata di una lunga esperienza interiore, dapprima compiuta da solo, poi parzialmente in due, poi nuovamente da solo.
       Voglio descrivere tutto questo, senza accenti polemici. Trovo interessantissima, in chiave squisitamente personale, la tematica del dialogo che diventa monologo o - interrogativo che è cruciale nella mia vita - del dialogo che è sempre stato, in verità, un monologo.
        Oggi, una persona mi ha detto che sarei un "filosofo" e, nel dirlo, non lo ha propriamente inteso come un complimento, ma come una garbata forma di compatimento. Ho sorriso. Che cosa avrei potuto obiettargli? Quando mi va bene, mi vedono come un patetico deficiente. E' bene che ne prenda atto, che lasci il campo ai geni che popolano il mondo circostante e che mi richiuda nel mio eremo a scrivere. Dopo tutto, essere considerato un perfetto coglione non è forse la forma di "distinzione" che cercavo, ma è pur sempre un modo per sottrarmi all'omologazione. Non passerò alla storia come uomo di valore, ma come perfetto idiota certamente sì, a larga maggioranza. Per mia fortuna, non sono democratico... Ecco la luce in fondo al tunnel: se anche tutti, io no!
 
                               Piero Visani

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