L'immagine di un fiume in piena mi è molto cara. In effetti mi considero tale, sempre pronto ad esondare. Rimproverato per questa mia caratteristica, ribadisco che io non sono abituato a rimanere negli argini. Io esondo, naturalmente. Se questa mia caratteristica non piace, è bene lasciarmi perdere. Ma io negli argini non rimango.
E' fin troppo facile arguire che tutto ruota intorno al concetto di argine? Chi lo stabilisce? E perché? E con quale diritto? E perché io sarei tenuto a riconoscerlo? Forse perché quello "arginato" è l'unico modo in cui si è deciso di relazionarsi con me? Il piccolo problema è che non l'ho deciso io, che si tratta quindi di una decisione non condivisa. Perché dovrei farla mia? Pro bono pacis, per educazione, perché così si usa negli ambienti "dabbene"? Ma io sono naturalmente "dammale", ergo?
Che senso ha cercare di relazionarsi con me a rate? Che senso ha assegnarmi a una categoria? Che senso ha pormi dei limiti, degli ALT e via restringendo? Io sono un fiume in piena, ergo non sto programmaticamente negli argini e, quando ne ho voglia, esondo.
Inoltre, non accetto neppure di essere sopportato, di essere oggetto di quei giudizi per cui "sì, ogni tanto esonda, va fuori dagli argini, ma in fondo è bravo. Dunque tolleriamolo". Eh no, non mi faccio tollerare da nessuno, non mi faccio rinchiudere in una situazione o in una condizione "a dispetto dei santi". Non voglio limiti neppure nell'accettazione: nessuna accettazione condizionata...
Soprattutto, detesto di finire "negli album di famiglia": "sì, ci abbiamo provato, ma era un carattere difficile..." e la tua foto, la classica foto da lapide tombale, viene appiccicata, con lo sguardo naturalmente ebete che ne traspare, nei classici "ritratti di famiglia in un interno". No, quelle soluzioni da "amarcord" non fanno per me. Io voglio il cartello da "nemico pubblico n° 1", voglio la dannazione eterna, la cancellazione da tutto e da tutti. Volevate una fetta di me, la classica fettina per stomachini delicati? Sorry, solo vendite all'ingrosso, niente vendite al minuto. Volevate una parte? Faccio in modo di negarvi anche il tutto. Perché dovrei essere come volete voi? E quello che penso e voglio io conta nulla, sempre nulla?
Che io sia dannato, è la condizione più bella. Una fossa comune, dove non c'è nemmeno un nome, nel bel mezzo della terra vera, non in qualche galleria di ritratti, magari "rivivificabili" per convenienza...
Morto, proprio morto, cancellato dalla memoria. Ma ben vivo nel ricordo, perché personalità come la mia non si dimenticano mai. Ricordano agli altri tutte le loro meschinità e le loro forti inibizioni. Quanto sono noiosi, infatti, i perbenisti, con le loro mezze voglie, le loro mezze vite, le loro mezze idee, le loro mezze (in)culture. Residui di sé medesimi. Residui del nulla.
Piero Visani
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