martedì 18 giugno 2013

Saper aspettare

         Mi è stato talvolta rimproverato di non saper aspettare. Niente di più falso. Io so aspettare. E' una vita che aspetto. Aspetto sempre. Dal 1983 al 1993 ho aspettato una persona, non perché volevo che mi desse ragione, ma perché desideravo parlarle. L'ho urtata all'ingresso di un bar del centro di Milano, in un primo pomeriggio di marzo. Non ci siamo mai più rivisti, da allora, ma ci siamo spiegati per un intero pomeriggio, in un clima forse struggente, ma che non dimenticherò. Nessuno ha dato ragione all'altro, ma ci siamo parlati. Sono vent'anni che non ci vediamo e probabilmente non ci vedremo più, in questa vita, ma non abbiamo rimorsi.
         Il nostro incontro milanese non è stato facile, anzi è stato piuttosto triste, ma, se dovessi morire domani, saprei almeno che quella partita è chiusa e perché tanto lei quanto io abbiamo fatto, in circostanze oggettivamente difficili, determinate scelte.
         Io la ragione delle sue la intuivo, pur senza essermela mai sentita dire. Avermela detta mi ha placato, perché ho capito il suo dramma, il dramma di una giovane donna alle prese con decisioni molto difficili. Avrebbe potuto dirmelo dieci anni prima, e probabilmente sarebbe stato un po' più facile anche per me. Non lo ha fatto, non so per quali motivi. Ma lo ha fatto dieci anni dopo e di questo le sarò sempre infinitamente grato. Se oggi la seguo talvolta in Rete, se guardo il bel viso del suo bambino, ancora relativamente piccolo, lo faccio con tenerezza e le auguro tutte le possibili fortune. A volte ci vuole molto tempo per capirsi e poco tempo per spiegarsi. Noi ci siamo riusciti.
 
                               Piero Visani

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